venerdì 27 agosto 2010

Oltre le vecchie piattaforme

Leggete la proposta di Concita De Gregorio. Anche questa è una "porta da aprire".



Le primarie nei collegi

Penso, e in questo credo di somigliare a una moltitudine di persone che ancora guardano all'opposizione politica con qualche speranza, che la gara ad azzopparsi reciprocamente dei leader politici che l'opposizione incarnano sia la principale causa di disaffezione, in qualche caso di disgusto, comunque di insofferenza da parte di chi guarda. Credo che sia una delle principali ragioni dell'astensionismo di sinistra: la delusione che nasce quando alla richiesta di unità (ricordate le invocazioni di piazza delle ultime piazze popolate da milioni?) si risponde con la replica di protagonismi rivendicativi che affondano radici in anni remoti, gli anni della giovinezza di coloro che dalla competizione personale e dal desiderio di rivincita non sanno liberarsi, anni in cui molti di noi non erano nati, le torri gemelle erano lì, la cinquecento non era la replica ma l'originale, il vaccino antipolio lasciava il segno sul braccio e in tv davano Sandokan.

Penso che da questo senso di saturazione a volte rabbiosa salga l'invocazione unanime di rinnovamento della classe dirigente - il «tutti a casa» dei commenti che gli elettori lasciano nelle nostre caselle di posta e nei blog, che le persone in carne ed ossa ti dicono stringendoti un braccio per strada, che ingrossa le fila dei popoli viola e dei grillini, che offre il terreno ad una nuova area politica che si nutre e cresce sul disprezzo di una "certa" sedicente sinistra, quella degli accordi sottobanco e dei pizzini rivendicando per sé verginità, purezza di intenti, libertà intellettuale, durezza nello scontro con il Caimano e con il caimanesimo, lo spirito rapace e corrotto di questi anni. Di questo - del rinnovamento - dirò qualcosa tra un attimo, condividendone la necessità: qualcosa che non sia una protesta ma una proposta.

Lasciatemi prima però fare due sole osservazioni. La prima: si vince non sulla base delle alleanze ma su un programma. Molto semplicemente: vorremmo tutti sapere per che cosa si lavorerà un minuto dopo aver, eventualmente, vinto. Lo scriviamo da mesi, da mesi facciamo l'elenco dei bisogni: voglio qui ricordare solo un punto. Non sarà più democratica una società che dia due soldi in più di sussidio a chi ha bisogno, lo sarà quella che abbia una scuola migliore. Una società della conoscenza, sapiente e realmente solidale, dove partiti e sindacati sappiano tutelare con la stessa forza gli occupati e i pensionati che costituiscono il loro corpo elettorale e gli inoccupati, i precari, i disoccupati e i lavoratori flessibili che non sono (più? Ancora?) né loro iscritti né elettori e che si avviano ad essere, se non lo sono già, la maggioranza del paese.

La seconda: non vedo differenze sostanziali tra la proposta di Bersani, quella di Franceschini, di Veltroni, di Zingaretti e di Rosi Bindi. Nei tempi, forse. Nel modo di presentare un progetto. Tutti dicono, mi pare: uniamoci, uniamo tutte le forze di opposizione di centro sinistra. Potrebbe essere sufficiente. Se non lo fosse allora stringiamo alleanze elettorali con chi può garantire la sconfitta del Caimano. Più avanti, questo. Vedremo.

La proposta, infine. C'è davvero bisogno di un rinnovamento della classe dirigente. Davvero questa generazione politica non ha saputo né voluto dare voce ai suoi fratelli minori, ai suoi figli. Li ha soppressi sul nascere, spesso, o li ha usati a fini di propaganda elettorale. Allora. Se andremo a votare con questa legge elettorale - sempre che la paura di votare di Berlusconi lo consenta - poiché è una legge, questa, che dà ai partiti la facoltà di nominare gli eletti (la sottrae agli elettori, certo. E ai partiti, a tutti i partiti, in fondo fa comodo) facciamo le primarie in ogni circoscrizione perché siano i cittadini a dire chi vogliono in lista. Ribaltiamo nei fatti la logica aberrante dell'imposizione dall'alto, antidemocratica. Siate voi, siamo noi a scegliere chi deve essere candidato, si presentino le liste in ordine gerarchico in base ai risultati ottenuti dal voto: risulteranno eletti coloro che sono stati preferiti dalla base elettorale. Se la base vuole il rinnovamento lo avremo.

È possibile, in qualche caso - a livello locale - lo si è fatto. Diciamolo subito: se si va ad elezioni sarete voi a scegliere i candidati. Posso sbagliare, ma sarà un banco di prova: per gli elettori soprattutto. Li chiameremo a decidere, conteremo quelli che davvero vogliono sconfiggere il caimano, isoleremo quelli che agitano le acque contro il nemico presunto nella stessa metà campo senza mai ricordare - in buona o cattiva fede - l'avversario qual è.

Nucleare: un film che non vogliamo vedere mai più

Sabato 4 settembre 2010: happening antinucleare alla Mostra del Cinema al Lido di Venezia 

In queste ore gli incendi che devastano la Russia, prodotto diretto dei cambiamenti climatici che sconvolgono l’intero pianeta, stanno minacciando la vasta area ancora radioattiva intorno alla centrale di Cernobyl, rischiando di immettere in atmosfera tonnellate di particelle contaminate. A quasi venticinque anni di distanza dal più grave disastro nucleare della storia, la notizia ci ricorda drammaticamente che da quella peste non ci si libera mai.

In Italia, intanto, con l'approvazione da parte del Governo del Decreto legislativo del 15.02.2010, che fissa i criteri per l'attuazione del piano energetico, calpestando la volontà di popolazioni ed enti locali, si fa sempre più concreto il rischio di un irreversibile ritorno al nucleare in Italia. Si ripropone, in tutta la sua cupezza, quella che nel secolo scorso si è dimostrata la scelta energetica più antieconomica, pericolosa e nociva tanto per i territori che la ospitano quanto per le loro popolazioni. La lunga lista di incidenti dichiarati e non, verificatisi nelle centrali europee solo nell'ultimo anno, lo sta a dimostrare.

Il popolo italiano, con i referendum del 1987, aveva detto un chiaro NO alla scelta nucleare. Si è aperta perciò la fase della propaganda. E la campagna, contro il benessere di tutti e a difesa dell’interesse economico di poche imprese, è condotta dall’ENEL, spendendo i soldi di tutti noi.I signori dell’atomo vogliono convincere un’opinione pubblica giustamente diffidente e ostile che il nucleare è necessario, di fronte al progressivo esaurimento dei combustibili fossili e agli effetti delle emissioni di CO2 in atmosfera; che è economico, di fronte ai costi crescenti nella crisi delle bollette energetiche; che è perfino sicuro. Sono tutte menzogne: il ricorso all’atomo sottrarrebbe risorse fondamentali per l’investimento nelle vere fonti pulite e rinnovabili, come il solare e l’eolico, unica via possibile per uscire dalla crisi climatica ed energetica; e i costi esorbitanti delle tecnologie nucleari ce li ritroveremmo tutti in bolletta, così come già accade per le centrali francesi.

E si è aperta, nonostante la segretezza delle procedure imposta dal Governo, anche la fase dell’individuazione dei possibili siti. Tra quelli indicati nel Veneto ci sono Chioggia e Cavarzere, il Delta del Po, il Polesine, Legnago e il Basso Veronese. Tutte zone densamente popolate, già penalizzate da ingombranti servitù energetiche (la centrale Enel di Porto Tolle e il rigassificatore), zone ricche di attività produttive, come la pesca e l’agricoltura, che sarebbero gravemente colpite. Anche il turismo urbano, ambientale e del soggiorno marino, con tutto il suo indotto, ne risentirebbero in modo assai negativo, come temono e manifestano le categorie economiche del settore.

Non possiamo aspettare che decidano sulle nostre teste. Nel giugno scorso è nata la Rete veneta contro il nucleare, una rete regionale di comitati locali, associazioni e singoli cittadini, che – nella pluralità di percorsi e competenze – vuole dar vita ad una battaglia sociale, culturale e politica per fermare questa nuova deriva nucleare.

Dopo aver contestato a Marghera il convegno di Enel e Confindustria Veneta, proponiamo a tutte e tutti una nuova iniziativa di denuncia, con unhappening antinucleare il prossimo sabato 4 settembre al Lido di Venezia, in occasione della Mostra del Cinema di Venezia. Perché vogliamo far sentire la voce delle popolazioni minacciate in una importante vetrina internazionale; perché le prossime edizioni della Biennale cinematografica rischieranno di svolgersi a pochi chilometri in linea d’aria da un insediamento atomico; perché proprio ENEL è stato lo sponsor principale dell’ultima edizione della Biennale d’Arte; perché vogliamo proiettare un film diverso da quello che hanno programmato per tutti noi, la storia di un mondo più giusto e più pulito, libero dal rischio nucleare.

Proponiamo di raggiungere il Lido di Venezia, attraversando tutti insieme in barca la nostra Laguna così minacciata, con una motonave in partenza alle ore 15 da Chioggia (info e prenotazioni al n. tel. 3335862774 e-mail:info@chioggianonucleare.org) e un vaporetto in partenza alle ore 16 dal Tronchetto. L’appuntamento, per coloro che arriveranno con mezzi propri sarà alle ore 16.30 al piazzale Santa Maria Elisabetta da cui partirà il corteo fino al Palazzo del Cinema.

L’iniziativa è promossa dalla Rete veneta contro il nucleare di cui fanno parte i seguenti soggetti:

Rete NoNuke Chioggia
Rete Ambiente Polesine Deltapo
Comitato Antinucleare di Legnago e Basso Veronese
Comitato Ambiente e Sviluppo di Cavarzere
Comitato 18 luglio di Cona
Rete AltroVe
Comitato Pontecchio Pulita
Comitato di Ceregnano
Assemblea Permanente NoMose di Venezia
Assemblea Permanente contro il rischio chimico SG31 di Marghera
Rete dei Comitati Salute Ambiente Bassa Padovana
Comitato Lasciateci Respirare di Monselice
Comitato Lasciateci Respirare di Padova
Comitato "Cittadini Liberi-Porto Tolle”

Aderiscono i seguenti soggetti:
USB Venezia
Legambiente Veneto
Legambiente Verona
Eco-Istituto del Veneto Alex Langer
Federazione della Sinistra PRC-PdCI di Rovigo
SEL Rovigo
SEL Chioggia
Federazione dei Verdi – Padova
Viol@Eventi
Popolo Viola- Gruppi Locali del Veneto
La fabbrica di Nichi – Chioggia
Comitato Direttivo Regionale Veneto di Cittadinanzattiva
CGIL - Camera del lavoro di Venezia
CGIL Regionale veneta - Dipartimento Ambiente e Territorio
VERDI – Federazione Regionale Veneta
Gruppo PD Nuovopercorso
Movimento 5 stelle – Chioggia
VAS – Verdi Ambiente e Società
SEL – Veneto
Rifondazione Comunista – Verona
SEL - Venezia

giovedì 26 agosto 2010

PD E CHIESA

Corrado Poli ci manda ("tra il serio e l'ironico") alcune stimolanti considerazioni che ci piace sottoporre all'attenzione di tutti.


Tra il Pd e la Chiesa cattolica italiana ci sono molte somiglianze. Tutte possono essere ricondotte all’opportunismo e alla difficoltà di uscirne. Come ci racconta Hirschnman in “Exit, Voice and Loyalty” (traducibile: Uscita, protesta e appartenenza) per reagire al decadimento di un’organizzazione ci sono due possibilità: abbandonarla (uscita) oppure protestare dall’interno per suscitare il recupero, cioè la cosiddetta critica costruttiva. L’opzione dell’uscita è subordinata alla disponibilità di un’alternativa. Se non c’è possibilità di uscita, o questa è improbabile, la minaccia diventa poco credibile. Sia nel caso del PD sia in quello della Chiesa cattolica italiana, ai più sembra che l’alternativa non ci sia. Inoltre, per una questione di “appartenenza”, non la si prende in considerazione o la si giudica una possibilità remota. Il risultato è che nessuno si spaventa per la minaccia di uscire dall’organizzazione. In fondo è la stessa situazione di una Borsa in caduta: i titoli che possiedi non rendono, ma se li vendi non si riesce a comprarne altri con un rendimento migliore. Il problema è che la protesta dall’interno diventa davvero efficace solo se la possibilità di abbandono dell’organizzazione è reale e non solo una ipotetica.
Leggendo i post dei militanti del PD – di tutte le correnti – mi rendo conto che prevalgono il dissenso e critiche pesantissime quanto disperate. Il disagio di farne parte porta addirittura molti di loro a proporre a leader del partito l’esponente di un altro partito che ha sfiduciato due volte il governo Prodi. I militanti del PD sono contrari a tutto quanto dice il Partito e suoi iscritti, ma rimangono nel partito protestando. L’opzione di andarsene non è presa in considerazione per due motivi: (a) non si sa dove andare (Di Pietro, Grillo, UdC, SeL, RC, Verdi, Fini, non sono viste come possibilità alternative); oppure (b) si è legati all’organizzazione da un senso di fedeltà irrazionale o opportunistica. Per esempio alcuni militanti del PD vorrebbero Vendola come leader, ma allora perché non votare il partito di cui Vendola fa parte! Se Vendola non è entrato nel PD, una ragione ci sarà. E se il Pd ha fatto la guerra a Vendola, tanto in linea con il suo pensiero non lo è. Non sarebbe più sano e onesto votare per il partito di Vendola oppure presentare un candidato che propone il programma del PD: già il programma che non c’è! C'è invece una mentalità da Touring Club: più siamo meglio è.
Con la Chiesa Cattolica in Italia succede la stessa cosa. Il Papa, capo autocratico assoluto, condanna l’omosessualità, il divorzio, la comunione ai divorziati, non permette il celibato dei preti, non consente gli anticoncezionali e i rapporti prematrimoniali, per non parlare dell’eutanasia, dell’aborto e mille altre cose tra cui i pari diritti delle donne nella Chiesa. Eppure vi sono gay che si dichiarano cattolici, divorziati che fanno la comunione e quanto ai rapporti prematrimoniali, gli interessati rispondono con una risata. I preti fanno figli, ma prima di essere cacciati dalla Chiesa rivendicano il loro diritto alla famiglia senza però mettere in discussione il modo in cui la Chiesa prende le decisioni. Soprattutto, senza ammettere che avevano fatto una scelta a cui vengono meno. E dichiarano di essere ancora Cattolici. Consoliamoci con il fatto che almeno, a differenza del PD, i cattolici italiani non hanno ancora proposto al Dalai Lama di diventare Papa!
Ora, delle incoerenze dei cattolici a me importa poco o niente. Tuttavia in rapporto al PD la questione si pone in modo simile: se l’organizzazione di cui fai parte non ti piace, nessuno ti trattiene e te ne puoi andare. Nel caso della Chiesa ci sono decine di congregazioni evangeliche, che sono cristiane almeno quanto quella Cattolica e forse di più. Gli episcopali e i metodisti consentono di fare le cose che il Papa romano proibisce: donne sacerdoti, vescovi gay, sacerdoti e sacerdotesse sposate, divorzi, pillola e rapporti prematrimoniali consentiti. In più le loro chiese prevedono metodi democratici per l’elezione di parroci e vescovi con la partecipazione dei fedeli. Tutte cose che la chiesa cattolica contrasta rigidamente. Chi non condivide queste regole dei cattolici romani è libero di uscire dalla Chiesa cattolica. Ma in Italia rimanere cattolici offre qualche vantaggio per così dire sociale e uno ci pensa bene prima di abbandonare la Chiesa. Da parte sua la Chiesa non rischia di perdere le sue pecorelle – perché di pecore si tratta e non certo di leoni – le quali pur di conservare alcune “comodità” rimangono in una comunità che accetta un notevole lassismo sui principi dichiarati. Oggi in Italia, se qualcuno per principio esce dalla Chiesa Cattolica, laico o prete che sia, si trova emarginato, talora anche boicottato. Quindi ci pensa due volte, la pecora, a uscire per aderire a una congregazione che in Italia non ha alcun potere.
Nel caso del PD si verifica una situazione simile. Niente va bene e si dissente su tutto e tra tutti. Molti potrebbero aderire all’UdC e contribuire a fare un bel partito di centro, magari alleandosi a Fini per un centro-centro-destra serio e giustamente conservatore, nuclearista, a favore della società tradizionale, cattolico – e quindi un poco farisaico con buona pace di Gesù Cristo – nel vero senso della parola, cioè che si può fare tutto quello che si vuole al di fuori degli insegnamenti della Chiesa purché si continui a farne ufficialmente parte e lo si sbandieri ai quattro venti. Purché si predichi l’insegnamento cattolico ma con il solenne impegno di non fare seguire i fatti alle parole. Altri potrebbero iscriversi al partito di Vendola il quale sostiene di essere gay e cattolico e grazie a questa contraddizione potrebbe trovare molti seguaci.

Corrado Poli

sabato 14 agosto 2010

Appello per una sola newsletter provinciale del PD di Padova

Con questo appello chiediamo al segretario provinciale Federico Ossari di farsi carico di una sollecitazione rivolta agli eletti del Partito Democratico padovano presso le istituzioni (consiglieri provinciali, regionali, parlamentari) affinché cerchino di sospendere l’invio di newsletter individuali che tempestano le caselle di posta elettronica di iscritti e simpatizzanti con e-mail che provengono sempre e comunque dall’indirizzo del PD di Padova.

Sono troppe voci individualistiche che non trasmettono un senso di appartenenza al Partito che nelle istituzioni sono chiamati a rappresentare. L’immagine di un Partito Democratico unito nella sostanza e nuovo nelle forme passa anche attraverso queste cose che a prima vista possono sembrare insignificanti. Nei nostri circoli, fra i nostri iscritti, spesso ci viene chiesto il perché di tanti protagonismi.

Chiediamo che sia creata una newsletter provinciale unica e ufficiale oltre a un sito internet più funzionale e leggibile, dove possano trovare il giusto spazio anche i nostri eletti. Ricordiamo inoltre che la normativa sulla tutela della privacy obbliga quanti inviano newsletter a garantire l’opportunità di cancellare il proprio indirizzo per sospendere messaggi indesiderati, aspetto che è costantemente trascurato nelle e-mail che continuiamo a ricevere.



Sottoscrivi anche tu firmando su www.firmiamo.it/newsletterpdpadova 

giovedì 5 agosto 2010

La maggioranza non c'è più

La Camera ha respinto la mozione di sfiducia contro il sottosegretario Giacomo Caliendo, sotto inchiesta per la loggia P3. 299 voti contrari da Pdl e Lega, 229 a favore da Pd e Idv, 75 astensioni da Fli, Udc e Api. Un banco di prova che dimostra come il governo non ha più la maggioranza uscita dalle elezioni, come nota il segretario del PD, Pier Luigi Bersani: “La maggioranza non c'è. I numeri confermano che il paese non è più governato. La minaccia di Berlusconi del voto anticipato è un'arma scarica, ora Berlusconi cercherà di tirare a campare. Tenteranno con la respirazione artificiale, ma certamente non è quello che serve al paese”.

La maggioranza si è quindi fermata a 299 voti, ben al di sotto dei 316 di cui dovrebbe disporre. “299 è meno di 316, parlano i numeri. La matematica è più forte della politica - commenta 
Dario Franceschini, capogruppo del Pd alla Camera - In Parlamento c'è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi i voti volta per volta”.

Oggi alla Camera di fronte alla mozione presentata dal PD e dall’IDV è andata in scena la crisi dell’ex PDL con urla tra i deputati rimasti con Berlusconi e quelli di Fli che hanno seguito Gianfranco Fini, il nervosismo dei leghisti e l‘inedita arringa di un ministro della Giustizia in favore del suo sottosegretario, alla faccia del garantismo che rispetta la separazione dei poteri tra esecutivo e magistratura, tutta all’insegna della contestazione alle indagini in corso.

Il Guardasigilli 
Angelino Alfano ha fatto lo scudo al sottosegretario indagato: “Noi difendiamo Caliendo, difendendo con lui un principio, quello della non colpevolezza, e un valore scritto nella Costituzione, quello della legalità. E consapevoli che oggi alcuni tra i colleghi, molti lo faranno per disciplina di partito, non voteranno secondo la propria coscienza ma piegheranno all’utilità parlamentare di un giorno, al tatticismo parlamentare di un giorno, un alto e nobile principio», dice il ministro della Giustizia.
Paradossalmente ha spiegato di non voler entrare nel merito ma poi ha smontato il lavoro delle toghe, derubricando la P3 a "costruzione di taluni pm" e stavolta rende chiaro il destinatario dell’ammonimento sulle conseguenze politiche del voto sulla sfiducia a Caliendo.

"E' incredibile che un ministro di grazia e giustizia dia le sentenze in Parlamento mettendo la propria voce sopra delle indagini in corso, indagini che vanno rispettate - dice al tg3 Pier Luigi Bersani - Ancora una volta c'è un governo che non conosce le regole basilari".
Separati in Aula, tra urla e risse.All’interno della maggioranza si è sfiorata la rissa, sia verbale sia fisica. Ha cominciato il premier Berlusconi a cena con le deputate del PDL: “L’astensione è una scelta senza senso, un grave errore politico. O si vota la sfiducia a Caliendo e non si capisce il motivo, oppure se si sostiene il governo si vota la fiducia e basta”.
Poi Marco Martinelli (Pdl) e Aldo Di Biagio (Fli) dopo un diverbio si danno appuntamento nei corridoi alle spalle dell’aula per proseguire il “chiarimento”. A sedare i duellanti alcuni commessi e alcuni colleghi dei due gruppi...

La separazione fa più male del previsto come ha indicato il capogruppo PD, Dario Franceschini, intervenendo per la dichiarazione di voto sulla mozione di sfiducia a Caliendo: "Presidente Berlusconi si chieda: nel 1994 e per molti anni sul palco eravate lei, Fini e Casini. Si chieda perché su quel palco è rimasto da solo. Si chieda perché chi ha in mente un centrodestra normale, un centrodestra europeo ad un certo punto per forza deve rinunciare a lavorare con lei. Si chieda, on. Berlusconi, che drammatica prova di debolezza, prova di fine corsa, non rispondere politicamente alle critiche come fanno i veri leader, ma rispondere soltanto con l'arroganza del padrone che caccia chi disubbidisce,mostrando dei muscoli che non ha più”.